LA STORIA E' STATA SCRITTA:
BARACK OBAMA
E' IL 44° PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA
ED IL PRIMO DI COLORE.
Finalmente dopo 8 anni tornano a vincere i democratici e viene rispedito a casa il guerrafondaio Giorgio Camminatore Cespuglio al secolo George Walker Bush!!!!!
Ecco la mappa degli stati....come potete notare per Obama è stato quasi un plebiscito
Una festa che in Italia si celebra solo per i grandi successi sportivi. Alla mezzanotte di Washington, poco dopo che la vittoria di Barack Obama era stata ufficializzata, una folla che di ora in ora è andata ingrossandosi nonostante la pioggia battente si è andata radunando di fronte alla Casa Bianca, e la capitale americana ha ritrovato per le sue strade un'allegria spontanea che non vedeva da anni. La zona della Casa Bianca, solitamente controllata in modo più che rigoroso dalla polizia, per una sera è tornata ad essere della gente: giovani, donne, bambini, anziani, bianchi, neri, ispanici, asiatici, tutti al grido di "Obama, Obama" e "Yes We Can!", ma anche "Si se Puede", con cartelli, sciarpe, magliette ad abbracciarsi tra sconosciuti e ad applaudire al cielo, nonostante la pioggia. Tutto intorno, poi, caroselli d'auto a clacson spiegati nonostante Washington non sia avvezza a manifestazioni di questo tipo, neppure quando a vincere sono i campioni di football dei Redskins. Non è abitudine della città fare caroselli. Invece, per una sera, i caroselli e i clacson hanno invaso anche la compassata capitale americana. "Vedi? Io sono qui per lui - ha detto tra le lacrime Timothy Robinson, 48 anni, impiegato presso un'azienda di materiale elettrico del Maryland, mostrando con orgoglio il sorriso un po' frastornato del figlio Jackson, 6 anni -. A quest'ora lui dovrebbe essere a dormire, ma ci tenevo fargli vedere la Casa Bianca, questa sera. Io non ho votato Obama per me, ma per lui". Come l'elettricista Robinson, così si sono radunati davanti alla Casa Bianca taxisti e panettieri, idraulici ed insegnanti, impiegati di banca e camionisti, tutti portati lì dal semplice bisogno di condividere la loro gioia in modo collettivo. Moltissimi gli studenti, radunatisi fuori dalla Casa Bianca dopo aver seguito lo spoglio dei risultati elettorali dalle vicine università di Georgetown, della John Hopkins University, della George Washington. "Noi non avevamo dubbi che Obama avrebbe vinto - ha detto Nicole Rendall, 22 anni, iscritta alla Georgetown University - in facoltà sono tutti con Obama, anche i repubblicani. Ma vedere tutta questa gente per strada è uno spettacolo che io qui a Washington non avevo mai visto" In America "nulla è impossibile" e chi ancora non è convinto, non ha che da guardare al nuovo presidente eletto degli Stati Uniti. Barack Obama ha debuttato così a Chicago, con un discorso della vittoria impregnato di 'sogno americano' e riferimenti alle divisioni che hanno segnato la storia degli Usa, e annunciando che il cambiamento "é arrivato". 'Yes we can', lo slogan che per quasi due anni ha accompagnato la sua campagna elettorale, è diventato anche l'inno con cui Obama ha celebrato quella che definito, rivolto alle decine di migliaia di sostenitori, "la vostra vittoria". "Siamo e saremo gli Stati Uniti d'America - ha detto Obama, citando Abramo Lincoln per respingere l'idea di un Paese diviso - e abbiamo dimostrato al mondo intero che non siamo semplicemente una collezione di individui di tutti i tipi".
Una folla multirazziale ed entusiasta ha accolto Obama, sventolando bandiere a stelle e strisce, in un grande parco di Chicago, assediato all'esterno da un'altra folla che non è potuta entrare nello spazio da 70.000 posti preparato per l'evento. Accolto sulle note di 'Sweet Home Chicago', Obama ha debuttato ringraziando la città che lo ha adottato dagli anni Ottanta e si è poi lanciato in un primo discorso da presidente eletto che ha ricalcato i temi della sua campagna elettorale: la necessità di portare "il cambiamento" in America, la promessa di rispondere alla speranza di chi si sente abbandonato o ai margini della società, l'avvertimento "ai nostri nemici nel mondo" che l'America è forte, unita e pronta a rispondere a qualsiasi minaccia. L'onore delle armi è andato a John McCain e Sarah Palin, che Obama ha ringraziato e a cui ha chiesto, in una conversazione telefonica con il senatore dell'Arizona, di aiutarlo a guidare il Paese. Il vice Joe Biden, la moglie Michelle e le due famiglie hanno raggiunto alla fine Obama sul palco e il presidente eletto ha chiuso ricordando alle figlie Sasha e Malia che si sono "meritate il cucciolo" che aveva promesso loro all'inizio di un'estenuante campagna che ha coinvolto tutta la famiglia per quasi due anni.
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